I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO TERZO
 
 Sala terrena in casa di campagna, corrispondente agli alloggiamenti di Quinto Fabio.
 
 SCENA PRIMA
 
 VELIA ed ERMINIO da varie parti
 
 VELIA ed ERMINIO A DUE
 
    Non so per quale affetto
 mi palpiti nel petto
 oltre l’usato il cor.
 
 ERMINIO
 (Qual beltà!)
 VELIA
                           (Qual sembiante!)
 ERMINIO
615(Arder più chiari rai non vidi ancora).
 VELIA
 (Leggiadria e nobiltà spiran que’ lumi).
 ERMINIO
 (Fosse tal la mia Velia).
 VELIA
 (Tal fossi, Erminio mio).
 ERMINIO
 (Ma la mia Velia, oh dio! sorte mi ha tolta).
 VELIA
620(Ma il mio Erminio è lontano e non m’ascolta).
 ERMINIO
 All’impulso del cor, bella, perdona.
 Di saper l’esser tuo sento vaghezza.
 VELIA
 Egual brama al tuo aspetto in me si accese.
 ERMINIO
 Nera pietra segnò tutti i miei giorni.
 VELIA
625Sempre anch’io fui bersaglio a ria fortuna.
 ERMINIO
 Sinor pari è il destin. Tua patria è Roma?
 VELIA
 Se romano tu sei, taccio e sospiro.
 ERMINIO
 Prigionier son di Fabio in questo campo.
 VELIA
 Son di Fabio il tribuno anch’io conquista.
 ERMINIO
630D’Ersilia al nome sospirar l’intesi.
 Saresti tu sua gentil fiamma?
 VELIA
                                                        Io quella.
 E nol potendo amar, per lui ne ho pena.
 ERMINIO
 Degno è di tua pietà...
 VELIA
                                           Tanta ti prendi
 cura di lui che prigioniero e in rischio
635qui ti ritien?
 ERMINIO
                           Già, sua mercé, nel campo
 numidico sarei; ma sì non m’ange
 amor di libertà, cura di vita,
 quanto il saper se qui cattiva o estinta
 sia l’illustre mia sposa.
 VELIA
640(Torna il palpito al cor). Deh, fa’ ch’io sappia
 il nome e l’esser tuo.
 ERMINIO
                                        Fasce reali
 sortii. Di Erminio ho il nome;
 e nel ligure ciel...
 VELIA
                                  Tu Erminio?.. Oh dio!
 Della Liguria il prence?
645E di Velia lo sposo?
 ERMINIO
                                      Appunto. E donde
 a te di mie fortune è giunto il grido?
 VELIA
 Donde? Da Velia tua...
 ERMINIO
                                            Toglimi, ah, tosto
 dal maggior mal. Viv’ella? Ha teco anch’ella
 comuni i ceppi? Ersilia,
650ti chieggo il mio riposo.
 VELIA
 (Quanto bello e fedel trovo il mio sposo!
 Ma scopriremci? Or non è tempo. Ad ambo
 verria men la difesa
 e cresceria il periglio).
 ERMINIO
655Tu non rispondi; e il tuo tacer crudele
 forse mi dice più che non vorresti.
 VELIA
 Datti pace. Ella vive; e l’incertezza
 della tua sorte è il suo più grave affanno.
 Dal generoso Fabio accetta il dono
660della tua libertà. Guai se ti trova
 del fier Minuzio, or dittator, l’editto.
 Riedi al punico vallo. Ivi il tuo amore
 avrà di che esser lieto;
 e certo sii che quando Velia il primo
665guardo a te volgerà, tutta amorosa,
 dirà: «Vien, caro Erminio;
 eccoti la tua amante e la tua sposa».
 
    «Senza te, mia luce, errai
 fra le tenebre né mai
670chiaro giorno a me spuntò».
 
    Lo dirà, che di quel core,
 tutto fede e tutto amore,
 credi a me, gli arcani io so.
 
 SCENA II
 
 QUINTO FABIO con due soldati e i suddetti
 
 ERMINIO
 Vien Fabio. Arresta il passo.
 QUINTO FABIO
675E da me esempio di pietade apprendi.
 Erminio, a’ tuoi ritorna e alla tua Velia
 che nel punico vallo è forse in pena
 per te.
 ERMINIO
                Di sua salvezza
 e di sua libertà vedi chi primo
680mi diè l’annunzio.
 QUINTO FABIO
                                    Ersilia?
 VELIA
                                                     E più sicuro
 attender nol potea che dal mio labbro.
 QUINTO FABIO
 Or t’affretta a partir, che sempre innanti
 mi sta il fiero littor. Questi due fidi
 soldati miei ti scorteranno al campo.
685Ricordati di me. Siati anche cara
 Roma per me. Dammi un amplesso e il prendi.
 ERMINIO
 Fabio, per questa giuro
 fida man, che ti porgo,
 e per questo, che cingo, acciar, né quella
690né mai questo alzerò contro di Roma;
 serberò tua memoria, infinché duri
 questa, ch’è dono tuo, vita; e se mai
 potrò usarne in tuo pro, l’avrò più cara.
 VELIA
 Coppia sì rara unqua non vide il sole.
 ERMINIO
695Bella Ersilia, se prego
 può d’Erminio aver loco appo il tuo core,
 sii più giusta al mio Fabio. Ama il suo amore.
 VELIA
 Erminio, di me stessa
 non mi è dato dispor. Velia ne ha il pieno
700arbitrio.
 ERMINIO
                   E se d’amarlo ella t’impone?
 VELIA
 Ubbidirò.
 ERMINIO
                      Fabio, al tuo cor da’ pace.
 QUINTO FABIO
 Lusingarmi non so d’un tanto bene.
 ERMINIO
 T’assicuri mia fede. Ersilia avrai.
 VELIA
 Tu prometti al suo amor quel che non sai.
 ERMINIO
 
705   Vado ad oprar per te. (A Quinto Fabio)
 Ma tu dovresti, o bella, (A Velia)
 renderti a tanta fé,
 senza aspettar di più.
 
    Beltà, che voglia amar,
710con l’altrui cor non ama;
 corre ove a sé la chiama
 merto, beltà e virtù. (Si parte coi due soldati di Quinto Fabio)
 
 SCENA III
 
 QUINTO FABIO e VELIA
 
 VELIA
 Ben collocato è il benefizio, o Fabio,
 in magnanimo core.
 QUINTO FABIO
715Ma infelice è l’amore
 che per alma crudel langue e sospira.
 VELIA
 Così vuol la mia sorte e ne ho tormento
 nulla del tuo men fero.
 QUINTO FABIO
                                            E pur, se Velia...
 VELIA
 Un giorno intenderai del vano impegno
720l’innocente lusinga.
 QUINTO FABIO
 Non so perder ancor tutta la speme
 che tu giusta mi sia; né per ripulse
 la mia fede si stanchi.
 VELIA
 Ella, sì, mi assicuri
725dal fier Minuzio. Egli verrà col fasto
 della sua dittatura a nuovi oltraggi.
 Altra difesa da un tiranno amante
 non ho che Fabio o morte.
 QUINTO FABIO
 Ersilia, non temer. Sicuro asilo
730nel campo avrai del dittator mio padre.
 VELIA
 Il trionfo compisci
 di tua virtù. Rendimi a’ miei.
 QUINTO FABIO
                                                        Crudele!
 Anche fuggirmi? Anche il piacer ch’io perda
 dell’amabil tua vista?...
 VELIA
735Per lontananza salderà tua piaga.
 QUINTO FABIO
 Dirai meglio, per morte.
 Non mi sento sì forte
 a perderti per sempre.
 Lascia ch’io più disperi o più m’avvezzi
740a sì crudo per me rimedio estremo.
 VELIA
 Minuzio... Oh dei!...
 QUINTO FABIO
                                       Fabio è ancor teco.
 VELIA
                                                                           Io temo.
 
 SCENA IV
 
 MINUZIO con littori e i suddetti
 
 MINUZIO
 Non vi turbi il mio aspetto. Io qui non vengo
 tratto da quell’ardor, di cui mi resta
 lieve appena scintilla.
745La dittatura, a cui m’alzaro i voti
 del popolo romano, e le speranze
 di Roma, in me rivolte,
 m’inspirano altri affetti, altri pensieri
 che sien degni di me, di lei, di tutti.
 VELIA
750Vincitor di te stesso,
 vittoria ottieni assai maggior d’ogni altra.
 MINUZIO
 Fabio, a te solo venni...
 QUINTO FABIO
 Bastava un tuo comando...
 MINUZIO
                                                  A te, ornamento
 della patrizia gioventù, crescente
755speranza e lume del latino impero.
 QUINTO FABIO
 Troppo, o signor...
 MINUZIO
                                    Le prove,
 che nell’ultima pugna
 desti d’alto valor, fan che al tuo braccio
 utile affidi e necessaria impresa.
 QUINTO FABIO
760Ov’è il ben della patria,
 né incontro temo né fatica fuggo.
 VELIA
 (Mali per me).
 MINUZIO
                              Del vicin colle il giogo
 va’ con le tue coorti
 spedito ad occupar, pria che il Numida
765sopra vi spieghi i barbari vessilli.
 Ei già l’armi vi spinge. Il prevenirlo
 ne assicura da assalti e da sorprese
 e a lui chiude i soccorsi e vieta i paschi.
 QUINTO FABIO
 M’è gloria il cenno e tronco i vani indugi.
 MINUZIO
770Sì indiscreto non son che ti divieti
 prender dalla tua Ersilia un breve addio.
 QUINTO FABIO
 Già il cor lo prese. Or servo al dover mio.
 
    Nulla bada destrier generoso,
 se suon strepitoso
775d’oricalco lo sfidi o lo desti.
 
    Corra ardito ad invito d’onore,
 magnanimo core;
 e da gloria altro amor non l’arresti.
 
 SCENA V
 
 MINUZIO e VELIA
 
 MINUZIO
 Senza porgerti un guardo?
780Senza torne un addio? Fabio non t’ama.
 VELIA
 Dover d’amor da quel di gloria è vinto.
 MINUZIO
 Per Minuzio sarebbe
 la maggior gloria sua l’amor d’Ersilia.
 VELIA
 Signor...
 MINUZIO
                   Partite. (A’ littori, i quali partono)
 VELIA
                                   (Oh rischi!)
 MINUZIO
785Bella, non perché illustre
 di sublimi trofei splenda il mio nome,
 non perché a me dia vanto e da me il prenda
 l’eccelso onor, di cui mi adorna il Tebro,
 a te parla il mio cor ma perché t’ama.
 VELIA
790Come? Da quell’ardor, di cui ti resta
 lieve appena scintilla,
 sì ti lasci abbagliar? Ciò non attende
 la dittatura, a cui t’alzaro i voti
 del popolo romano;
795né a te sono rivolte
 le speranze di Roma,
 perché abbia ad illustrar le tue conquiste
 una misera schiava. Ah, dittatore,
 quegli affetti ripiglia e quei pensieri
800che sien degni di te, di lei, di tutti.
 MINUZIO
 Sii men saggia e più grata. A te non venni
 per ricever consiglio
 ma prezzo di favor, cambio d’affetto.
 Tu il promettesti; e il chieggo.
 VELIA
805Qual lo promisi, io tel concedo, onesto.
 MINUZIO
 Ma che sia più che stima.
 VELIA
 Sia anche amistade.
 MINUZIO
                                        A un amator non basta.
 VELIA
 Non può Ersilia di più.
 MINUZIO
                                             Può, purché voglia.
 VELIA
 Aggiungi: e pur che deggia.
 MINUZIO
810Non ripugna al dover legge d’amore.
 
    Men fierezza. A chi vi adora,
 deh volgetevi, occhi belli.
 
 VELIA
 Roman, tu non conosci a cui favelli.
 MINUZIO
 A un’ingrata, lo so; ma tu obbliasti
815che a un dittator rispondi.
 VELIA
 Non pensar del gran nome
 di atterrirmi col suon. Più lieve impresa
 a te Annibale fia che il cor d’Ersilia.
 MINUZIO
 Risparmiami d’usar forza e potere.
 VELIA
820Son ritornati oggi i Tarquini a Roma?
 MINUZIO
 Che chieggo alfin? Poco ti costa un guardo,
 è poco una lusinga.
 VELIA
 Chi vuol tutto negar nulla conceda.
 MINUZIO
 Ersilia, più pietà.
 VELIA
                                   Più senno, o duce.
 MINUZIO
825Vuoi libertade?
 VELIA
                                In me ragion non hai.
 MINUZIO
 Vuoi preghi?
 VELIA
                           In tal miseria io non gli esigo.
 MINUZIO
 Mira al tuo piede... (Nell’atto di piegare un ginocchio, si ferma alla voce di Quinto Fabio che sopravviene)
 
 SCENA VI
 
 QUINTO FABIO e i suddetti
 
 QUINTO FABIO
                                       Ah, dittator! Che fai?
 MINUZIO
 (Dei! Qui Fabio!)
 VELIA
                                   (Respiro).
 QUINTO FABIO
 Queste son di Minuzio
830le magnanime imprese?
 L’eroiche idee? Si vince
 Annibale così? Così Cartago?
 D’una schiava beltà s’abbassa al piede
 il dittator di Roma? Usa più tosto
835nel supremo poter, di cui t’abusi,
 e le scuri e le verghe.
 Sia la tua dittatura
 crudel, non vil, talché non passi in altri
 l’obbrobrio, onde la spargi, e in te finisca.
840Signore, addio. Di Fabio
 serviro anche gl’indugi alla tua gloria.
 Or se onesto ti sembra, allor che a rischi
 per te m’espongo e per te colgo allori,
 toglimi Ersilia, insidiami una giusta
845spoglia del mio valore;
 ma, signor, ti sovvenga,
 in cor romano è debolezza amore. (Si parte)
 VELIA
 
    Se incontra arene e sassi,
 che fa l’agricoltor?
850Cerca un terren miglior
 che gli assicuri un dì messe feconda.
 
    Non coglierai, me amando,
 che sdegno, onta e dolor.
 Beltà di facil cor
855non mancherà per te, che amor ne abbonda.
 
 SCENA VII
 
 MINUZIO e poi ARISBE
 
 MINUZIO
 Scuotiti dal letargo, in cui t’han posta
 e sorpresa e dispetto,
 e svegliati a vendetta, alma feroce.
 ARISBE
 Come ubbidite son! come temute
860di Minuzio le leggi! Oh, se a Cartago
 torno, quai ridirò della romana
 militar disciplina illustri esempi!
 MINUZIO
 Di che ne accusa Arisbe?
 ARISBE
 Non cadder tutti, e ben ne godo, all’ara
865della tua crudeltà quegl’infelici
 prigionieri africani,
 i cui ceppi bagnai d’inutil pianto.
 MINUZIO
 Che dici?
 ARISBE
                     Il ver. Già è salvo
 della Liguria il forte prence, Erminio.
 MINUZIO
870Erminio, dopo Annibale, il più fero
 nimico a Roma?
 ARISBE
                                 Io il vidi;
 e due romani erangli scorta...
 MINUZIO
                                                        Oh cieli!
 Chi deluse l’editto?
 ARISBE
                                      Un generoso
 cor più del tuo, Fabio il tribuno.
 MINUZIO
                                                            Arisbe
875giurò sparger tra noi discordie e risse.
 ARISBE
 Ma l’odio mio non ha bugie sul labbro.
 MINUZIO
 Creder mi è forza. Altero
 Fabio, omai trema. Col poter già s’arma
 ragion, sdegno ed amore.
880Alla vendetta mia darò i pretesti
 con la legge oltraggiata.
 Cadrà un rivale e piangerà un’ingrata.
 
    Mal si provoca e s’irrita
 chi ha il poter di gastigar.
 
885   O ragion sembrar fa onesto
 il suo sdegno o a lui pretesto
 mai non manca a condannar.
 
 SCENA VIII
 
 ARISBE
 
 ARISBE
 Colpì al segno lo stral. Gittati ho i semi
 del civil odio. Vedrò in breve armarsi
890tribuni e dittatori.
 Qual gloria per Arisbe!
 E se dirlo a me lece,
 forse Annibale ancor tanto non fece.
 
    All’uomo il sapere,
895l’ardire, il potere
 natura donò.
 E a noi che lasciò?
 Astuzia e beltà.
 
    Ma il sesso più frale,
900a senno, a possanza,
 sovrasta e prevale,
 se d’armi sì forti
 valer ben si sa.
 
 Il fine dell’atto terzo